Stanchezza cronica e sarcoidosi
La stanchezza cronica nei pazienti colpiti da sarcoidosi
La sarcoidosi è una malattia multisistemica ad eziologia sconosciuta, caratterizzata da formazione di granulomi non caseosi. Il coinvolgimento polmonare è frequente (90%) ed è molte volte asintomatico, tuttavia non mancano interessamenti extra-toracici a livello della cute, linfonodi periferici, occhi, fegato e milza.
Al di là di alcuni sintomi legati direttamente agli organi interessati vi sono manifestazioni aspecifiche, come febbre, perdita di peso, mialgia, artralgia, sudorazione, malessere generale, depressione e affaticamento. L’origine di questi sintomi è in gran parte sconosciuta.
Tra essi l’affaticamento cronico è uno dei sintomi più comunemente riportato, con una frequenza stimata del 50-70% tra tutti i pazienti con sarcoidosi, spesso è associato con una riduzione della qualità della vita e depressione.
L’affaticamento cronico (CFS) è definito come un “disordine debilitante e complesso animato da un’intensa fatica che non migliora con il riposo a letto e che può essere peggiorato dall’attività fisica o dallo sforzo mentale”. È interessante notare che può apparire sia nel corso delle fasi attive della malattia che in fase di remissione.
La fatica avvertita dai pazienti non correla con i valori dei test di funzionalità polmonare, ma potrebbe essere spiegata dalla debolezza muscolare periferica. Molteplici fattori possono contribuire allo sviluppo di tale sintomatologia: localizzazione della sarcoidosi a livello del muscolo scheletrico, presenza di comorbidità (molti di coloro che sono affetti da sarcoidosi sono anche afflitti da sindrome delle apnee notturne – OSAS; questa è una diffusa causa di stanchezza cronica, che però si può curare e risolvere NDR) ma anche l’utilizzo per lunghi periodi di corticosteroidi orali.
La diagnosi di questo disturbo può non essere semplice, sia perché spesso sottovalutata dai medici sia perché non sono disponibili esami medici specifici per diagnosticare la fatica.
TEST DI VALUTAZIONE
Nella pratica clinica, vengono utilizzati diversi test per valutare oggettivamente la capacità di esercizio ad esempio il test di cammino di 6 minuti (6MWT) e l’esercizio cardiopolmonare (CPET). Questi test forniscono molteplici informazioni sulle performance fisiche legate soprattutto alla efficienza dell’apparato cardiaco e respiratorio, che come già detto possono non correlare con la sintomatologia riferita dal paziente.
Altri strumenti utili
1) Scala di valutazione della fatica (FAS): costituita da una serie di domande che possono fornire al medico informazioni per misurare e monitorare la fatica anche nel tempo
2) Studio del sonno: attraverso un monitoraggio notturno da eseguire a casa o in ospedale, per escludere la concomitante presenza di Disturbi del Sonno che possano essere causa dell’affaticamento.
3) Actigrafi: dispositivi che possono fungere da contapassi e che registrano l’attività fisica una volta indossato, utili sia a stabilire il grado di attività quotidiana ma anche a stimolare il paziente ad incrementare la propria mobilità.
Non esiste un trattamento specifico per la fatica. Al momento la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) è quella che ha dato migliori risultati. Essa affianca un progressivo aumento dell’attività fisica, magari sotto la guida di un fisioterapista, ad un miglioramento dello stile di vita quotidiano.
A questo proposito è quindi importante effettuare un’attività fisica quotidiana di almeno 30 minuti con intensità moderata. Mangiare sano con una dieta ricca e varia. Mantenere un modello di sonno sano nel rispetto del ritmo sonno-veglia. Solo in ultima analisi è opportuno prendere in considerazione una valutazione da uno specialista di salute mentale nel caso si sia sviluppato un concomitante stato depressivo.
Prof. Donato Lacedonia – Università di Foggia, Malae dell’Apparato Respiratorio Universitario Dicembre 2019 FOCUS SARCO 9